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Tremonti: "La mobilità non è un valore,

il posto fisso è la base per progetti di vita"

"L'incertezza e la mutabilità lavorativa per alcuni sono un valore in sé, ma non per me"

Il ministro dell'Economia: "Meno cogestione e più compartecipazione nelle imprese"

2009-10-19

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

L'ARGOMENTO DI OGGI

 

Il Mio Pensiero:

Dal Sito Internet di

REPUBBLICA

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2009-10-19

Posto fisso, ci credete ancora?

11326 voti alle 19:8. Sondaggio aperto alle 15:34 del 19.10.2009

Per mezzo secolo abbiamo vissuto col mito del posto di lavoro fisso. Poi, negli ultimi dieci anni, siamo passati a quello della mobilità e della partita Iva che, in Italia, è diventato precariato. Ora Tremonti si ricrede. Cosa ne pensate?

Ha ragione Tremonti, senza posto fisso non si campa

(7088 voti) 63%

(7088 voti) - 63%

Bisogna insistere sulla flessibilità del lavoro, il sistema si equilibrerà

(348 voti) 3%

(348 voti) - 3%

Il lavoro può essere flessibile, ma il passaggio da un posto all'altro va aiutato e la previdenza garantita

(3823 voti) 34%

(3823 voti) - 34%

Non so

(67 voti) 1%

(67 voti) - 1%

11326 voti alle 19:8. Sondaggio aperto alle 15:34 del 19.10.2009

 

CORRIERE della SERA

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2009-10-19

Il ministro Tremonti boccia il mito della flessibilità: "Non è un valore, io credo nel posto fisso". Siete d’accordo?

82.8% 

No

17.2% 

Numero votanti: 4262

CORRIERE della SERA

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2009-10-19

Il ministro dell'Economia: "Meno cogestione e più compartecipazione nelle imprese"

Tremonti: "La mobilità non è un valore,

il posto fisso è la base per progetti di vita"

"L'incertezza e la mutabilità lavorativa per alcuni sono un valore in sé, ma non per me"

MILANO - Il posto fisso è la base sulla quale costruire un progetto di vita e la famiglia, in quanto la mobilità lavortiva non è un valore di per sé. Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, chiudendo i lavori di un convegno organizzato dalla Bpm. "Non credo che la mobilità di per sé sia un valore, penso che in strutture sociali come la nostra il posto fisso è la base su cui organizzare il tuo progetto di vita e la famiglia", ha affermato Tremonti.

L'ELOGIO DEL POSTO FISSO - "La variabilità del posto di lavoro, l'incertezza, la mutabilità per alcuni sono un valore in sé, per me onestamente no - ha aggiunto il ministro -. C'è stata una mutazione quantitativa e anche qualitativa del posto di lavoro, da quello fisso a quello mobile. Per me l'obiettivo fondamentale è la stabilità del lavoro, che è base di stabilità sociale".

LA "COMPARTECIPAZIONE" - "Questo Paese ha meno bisogno della cogestione e più bisogno della compartecipazione da parte dei lavoratori nelle imprese", ha proseguito Tremonti. "La cogestione, come nascita di figure imprenditoriali miste, mi sembra meno positiva, mentre credo sia più positiva l'informazione sulla gestione dell'impresa. Il meccanismo compartecipativo può anche avere forme diverse. Per esempio, un favore fiscale sulla detassazione degli straordinari".

LE REAZIONI - Al convegno erano presenti anche i segretari confederali dei tre princiali sindacati italiani. "Sulla mobilità chiedete un commento all Confindustria", ha detto Guglielmo Epifani. Il numero uno della Cgil ha però sottolineato che la compartecipazione dei lavoratori sarebbe una soluzione auspicabile per un maggior coinvolgimento dei dipendenti nelle imprese, mentre una loro presenza nell'azionariato "non è la strada principale". Il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, ha invece sottolineato che "Tremonti parla come se fosse un nostro iscritto. Non so se gli farà piacere, ma è così". Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, giudica invece "condivisibili" le parole del ministro . "L'esigenza di avere posti di lavoro stabili - ha detto - è un obiettivo che inseguiamo anche noi. Oggi il problema è quello di superare l'idea distorta di flessibilità. Chi è precario o flessibile deve essere pagato di più e avere più tutele e garanzie degli altri. Questo è un punto su cui la Cisl insiste da tempo".

 

19 ottobre 2009

 

REPUBBLICA

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2009-10-20

Il ministro della Funzione pubblica boccia l'apertura

del suo collega dell'Economia al posto fisso

Brunetta: "Quella di Tremonti

una ricetta del secolo scorso"

di ROBERTO MANIA

Brunetta: "Quella di Tremonti una ricetta del secolo scorso"

Renato Brunetta

ROMA - "Tremonti dà una risposta per l'uscita dalla crisi che io non condivido. Tornare indietro è più facile ma non risolve i problemi. Bisogna cambiare occhiali per capire come è fatto il nuovo mondo. Non si deve aver paura". La pensa così Renato Brunetta, ministro della Funzione pubblica. Il "ripensamento" del collega dell'Economia non lo tocca neanche un po'. Ha appena finito di aggiornare un suo vecchio saggio: si intitolava "La fine della società dei salariati", ora è "Capitalismo 2.0", per richiamare il sistema operativo, la "rete", "l'unica novità di questo secolo", dice. Ne è uscita un'idea suggestiva della nuova flessibilità che fa incontrare i grandi teorici dell'economia della partecipazione, Martin Weitzman e James Mead, con la "soggettività" del web.

Ma intanto Tremonti è diventato il capofila dei detrattori della flessibilità. Non pensa che, tanto più dopo la crisi, sia ora di tornare alla sicurezza del posto fisso?

"No, per nulla. La flessibilità che abbiamo visto negli ultimi 10-15 anni è figlia della società dei salariati, è figlia degli ultimi fuochi dello scontro tra capitale e lavoro, è figlia di un capitalismo ormai in declino. Abbiamo vissuto la stagione del lavoro atipico come estrema conseguenza dell'egoismo del lavoro tipico, dell'egoismo degli insiders contro gli outsiders. Tutte le garanzie ai primi, protetti dal sindacato, tutte le flessibilità scaricate orribilmente sui secondi privi di rappresentanza. Ma la soluzione a questo paradosso non può essere quella di far diventare gli outsiders degli insiders, perché il sistema non sarebbe in grado di sopportarne i costi".

Propone di lasciare tutto com'è?

"Propongo di spalmare le esigenze di flessibilità su tutte le forze lavoro occupate. So bene quanto sia delicato questo argomento, basti pensare agli scontri, tra riformisti e conservatori, intorno all'articolo 18".

Quindi considera il suo collega Tremonti un esponente dei "conservatori"?

"Tremonti vorrebbe una nuova società dei salariati. Solo che questa non risponde alle esigenze di flessibilità che pone il sistema. La sua è una soluzione del Novecento che non va più bene in questo secolo".

Tremonti difende anche il modello di welfare italiano: Inps e famiglia. Lei è d'accordo?

"Viva gli ammortizzatori sociali! In questo senso ha ragione. Però bisogna anche dire che i Paesi con un welfare pesante sono anche quelli che crescono di meno quando riprende il ciclo. L'uscita dalla crisi non si fa con il ritorno al passato. Bisogna tornare al futuro".

E' uno slogan o significa qualcosa?

"Vuol dire tornare all'alleanza tra capitale e lavoro, quella che ti dà la flessibilità nella partecipazione, che ti dà l'inclusione e che fa diventare il lavoratore uno shareholder, un azionista, che può gestire le sue "azioni" nella mobilità. Le garanzie non devono derivare da un posto di lavoro, ma dalla propria professionalità, dal proprio essere azionisti dell'attività produttiva. Bisogna provare - anche se mi rendo conto di essere un po' utopista - ad adattare le regole del mercato del lavoro a quelle della rete, perché è questa la novità di quest'epoca. La novità è Internet, è l'intelligenza che produce senza capitali".

Che effetto le fa la "strana alleanza" tra Tremonti e la Cgil?

"Sono compagni di strada. La Cgil è la componente che rappresenta la società dei salariati. Di fronte alla quale - sia chiaro - chapeau! Ha costruito il nostro benessere. Ma quel modello ineludibilmente portava al conflitto. Invece in rete il conflitto non funziona più".

Quindi deve cambiare anche il sindacato?

"Tutte le rappresentanze sociali, sia imprenditoriali sia sindacali, sono figlie del Novecento. Ma è un modello che sta implodendo nella sterilità, nell'occupazione che non si crea più".

Chi resiste di più al cambiamento: le imprese o i sindacati?

"Entrambi. Saranno i giovani a risolvere l'impasse perché non si può scivolare indietro solo per paura".

© Riproduzione riservata (20 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

 

Il modello decaduto

di LUCIANO GALLINO

CON LE dichiarazioni a favore del posto fisso, ma anche di previdenza e sanità pubblica, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha fissato i punti salienti del programma con cui il centro-sinistra (non la destra) potrebbe presentarsi alle prossime elezioni, quale che sia la loro data.

Non sono dichiarazioni del tutto inedite. A favore del posto fisso e contro la proliferazione del lavoro flessibile Giulio Tremonti si è espresso in varie occasioni negli ultimi due anni. Ma ieri ha collegato l'importanza del posto fisso come "base della società" agli strumenti di protezione delle famiglie, propri dello stato del benessere, quali le pensioni pubbliche e un sistema sanitario nazionale. Ha notato che se le prime dipendono dai centri della finanza, e il secondo non esiste, come avviene in Usa, quando si perde il lavoro si finisce a mangiare cibo per gatti in una roulotte. E addio all'istruzione dei figli.

Il punto è che fino a ieri la società americana era proposta non solo dal centro-destra, ma anche da buona parte del centro-sinistra, come l'essenza della modernizzazione, il modello da imitare per riformare il mercato del lavoro, la previdenza, la scuola, la sanità. Ora uno dei più autorevoli membri d'un governo di centro-destra ci dice, in sostanza, che le riforme del mercato del lavoro erano mal concepite; che per fortuna esiste l'Inps; che la possibilità di andare a scuola (anche se lo stesso ministro ne sta riducendo le risorse) da noi per fortuna non dipende dall'occupazione dei genitori, e che faremo bene a tenerci ben stretta la sanità pubblica.

Sono rivendicazioni del nostro modello sociale che, nell'insieme, avremmo voluto sentire formulare più spesso dal centro-sinistra. Ora che un ministro del centro-destra pare averle fatte proprie, il centro-sinistra dovrebbe farsi sentire. Ha dinanzi parecchie strade. Può limitarsi a dire che un ministro non fa primavera: nel governo ce ne sono infatti molti che lo stato sociale lo farebbero a pezzi domani mattina, non foss'altro perché credono che questo sia il fine ultimo del presidente del Consiglio.

Può chiedere a Tremonti dov'era e di cosa si occupava nel 2003, quando - essendo lui anche allora ministro dell'Economia - fu approvata la Legge 30 che non introduceva di certo ex novo i lavori flessibili, ma ne moltiplicava le tipologie già presenti grazie al protocollo del 1993 e alle riforme del mercato del lavoro avviate con la legge 196/1997. Per contro, potrebbe provare a prenderlo sul serio. Non nel senso di farsi aiutare da lui a completare il programma per le prossime elezioni.

Un'opposizione matura non può sperare soltanto di arrivare al potere per emanare poi le leggi che le aggrada. Può, anzi ovviamente deve, cercare di ottenere dal governo in carica delle leggi migliori dal suo punto di vista.

Si potrebbe quindi chiedere al ministro Tremonti di far seguire i fatti alle impegnative parole che ha ripetutamente profferito a favore del modello sociale italiano ed europeo. Si faccia dunque promotore di una legge che andando al di là della 196/1997 e della 30/2003 ristabilisca il principio per cui il contratto di lavoro dipendente è per definizione a tempo indeterminato, fissando poi un ristretto numero di tipologie contrattuali in deroga da applicare soltanto in casi ben determinati. Se ne gioverebbero non soltanto i lavoratori, ma anche le imprese.

Lo si preghi poi di impegnarsi a favore di una discussione seria sul bilancio dell'Inps e dell'Inpdap, i due maggiori enti previdenziali italiani, e di una rigorosa comparazione internazionale della nostra spesa pensionistica pubblica. Ciò allo scopo di mettere in luce (come fanno da anni alcuni dei migliori specialisti italiani, che mi scuseranno se ne taccio il nome) vari aspetti in genere ignorati: che il bilancio dei suddetti enti sta piuttosto bene; che la nostra spesa pensionistica complessiva è allineata con quella dei maggiori paesi Ue; e che, essendo le nostre pensioni tassate come redditi ordinari, mentre in altri paesi sono in gran parte esentasse, i pensionati italiani non pesano affatto, bensì sostengono il bilancio dello stato con un contributo netto annuo dell'ordine di 15-17 miliardi.

Farsi sorpassare a sinistra da un ministro d'un governo di destra non è solo imbarazzante; può far perdere elettori. Si può tuttavia cercar di recuperare terreno chiedendo al ministro con cortese fermezza di mostrare se ha davvero in mano delle carte atte a sostenere le sue dichiarazioni a favore del posto fisso e dello stato sociale.

© Riproduzione riservata (20 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

 

2009-10-19

Il ministro dell'Economia 'abbandona' il modello americano

"La mobilità fu imposta dalla globalizzazione, ma da noi non va bene"

Lavoro, la svolta di Tremonti

"Il posto fisso base della società"

Lavoro, la svolta di Tremonti "Il posto fisso base della società"

 

Milano - I tempi dell'elogio della mobilità e dell'esempio americano sono passati. Anche il ministro Tremonti torna a elogiare il posto fisso, al punto da individuarlo come "la base della stabilità sociale". Il ministro dell'Economia ha espresso la sua tesi a Milano, al convegno promosso dalla Bpm sulla partecipazione dei lavoratori all'azionariato delle imprese. Al convegno erano presenti anche i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.

"Non credo - ha detto il ministro - che la mobilità sia di per sè un valore. Per una struttura sociale come la nostra, il posto fisso è la base su cui costruire una famiglia. La stabilità del lavoro è alla base della stabilità sociale". A imporre forme di lavoro più flessibili, secondo Tremonti, è stata la globalizzaziopne che "non ha trasformato il quantum di lavoro ma la qualità di lavoro, passato da fisso a mobile. Era inevitabile fare diversamente".

Tremonti ha poi analizzato le diverse strutture di welfare elencando le criticità del modello statunitense: "Un conto è avere un posto di lavoro fisso o variabile in un contesto di welfare come quello europeo, un conto è avere uno stipendio senza sanità e servizi. Negli Stati Uniti i fondi pensione dipendono da Wall Street, e se le cose vanno male ti ritrovi a mangiare kit kat in una roulotte e neghi la scuola ai tuoi figli".

Caustico, sulle dichiarazioni di Tremonti, il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani: "Le farei commentare a confindustria", ha detto Epifani. Positivamente sorpresa la reazione di Luigi Angeletti, leader della Uil: "Dalle cose che ha detto, è come se fosse un nostro iscritto - ha commentatio Angeletti -: so se gli farà piacere ma è così".

"Le parole di Tremonti sull'esigenza di avere posti di lavoro stabili - ha detto invece il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni - sono sicuramente condivisibili. E' un obiettivo che inseguiamo anche noi. Oggi il problema è quello di superare l'idea distorta di flessibilità. Chi è precario o flessibile deve essere pagato di più e avere più tutele e garanzie degli altri. Questo è un punto su cui la Cisl insiste da tempo".

Il ministro Tremonti ha parlato anche della Costituzione repubblicana, giudicandola "ancora valida", ma "non del tutto applicata".

Secondo Tremonti, nella nascita della Costituzione c'era "il confronto fra le tre diverse culture chiave che animavano lo spirito di quel tempo: quella cattolica, quella comunista e quella liberale e la sintesi di queste diverse visioni sta nell'articolo sulla proprietà industriale. Quel passaggio - ha aggiunto il ministro - dove si dice che la Repubblica tutela, regola e disciplina il risparmio, identificando nell'industria del credito una realtà che favorisce l'accesso alla proprietà, all'azionariato popolare, ai grandi complessi produttivi del Paese, è fondamentale".

"La Costituzione però - ha aggiunto Tremonti - non è stata pienamente applicata, perché se uno la legge si rende conto che c'è un grande favore per la proprietà, per l'azionariato popolare, per i titoli di proprietà industriale e questa è un po' la sintesi del compromesso fra le varie ideologie. Quello che è successo nella sua applicazione - ha proseguito Tremonti - è stata un po' una rotazione rispetto a quei principi. Se la Costituzione diceva questo, la sua applicazione e la legislazione hanno detto l'opposto. Si è organizzato per un decennio un sistema che in qualche modo ha sfavorito i titoli di proprietà e favorito quelli di debito. Giusto criterio per cui la grande proprietà industriale doveva essere in qualche modo controllata dal sistema bancario. Credo che un ritorno alla Costituzione - ha concluso - possa portare a concrete e non poche remote riflessioni".

(19 ottobre 2009)

L'UNITA'

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2009-10-19

Tremonti scopre che il posto fisso è meglio. Il Pd: intanto licenzia i precari

La stabilità del posto di lavoro è "un obiettivo fondamentale", mentre la mobilità "di per sè non è un valore". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, intervenendo a un convegno sulla partecipazione dei lavoratori all'azionariato delle imprese, a cui erano presenti anche i segretari dei tre maggiori sindacati, Epifani, Bonanni e Angeletti.

"C'è stata una mutazione quantitativa e anche qualitativa del posto di lavoro, da quello fisso a quello mobile - ha sostenuto Tremonti - ma la mobilità di per sè non è un valore. Il posto fisso è la base su cui fare progetti e fondare famiglie. La mobilità per altri è un valore in sè, per me no. Per me l'obiettivo fondamentale è la stabilità del lavoro, che è base di stabilità sociale".

Caustico al termine Guglielmo Epifani nel suo giudizio: "È meglio il posto fisso di quello mobile? Lascerei commentare Confindustria".

Commenta gelido Bersani: "Sarebbe il caso che Tremonti venisse a chiarire il suo pensiero domani in Parlamento, dove si

parlerà dei cosiddetti precari della scuola, gente che da 8-9-12 anni ha lavorato con contratti rinnovati, si è fatta una famiglia e ora si vede buttata per strada da Tremonti e Gelmini. Il posto fisso lo intende a casa o al lavoro?".

"L'elogio da parte del ministro Tremonti del posto fisso è la più plateale dimostrazione della distanza tra quel che dice e quel che fa questo governo di centrodestra", afferma Marina Sereni, vicepresidente dei deputati PD. "Nella crisi - aggiunge - i primi ad aver perso il lavoro sono stati i giovani e le donne con contratti atipici e l'esecutivo non ha voluto prevedere per loro, come il PD aveva proposto, alcun ammortizzatore sociale. Nelle politiche sull'occupazione delle imprese questo governo non ha dato

attuazione al protocollo sul Welfare firmato nel 2007 che intendeva porre un limite ai contratti a termine incentivando quelli a tempo indeterminato e rendendo più cara la flessibilità.

Ora - conclude - mentre si preparano a licenziare i precari della scuola o a renderli tali a vita, il ministro Tremonti scopre il male della mobilità? I lavoratori italiani aspettano fatti".

19 ottobre 2009

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-10-19

Tremonti: la stabilità del posto di lavoro è un valore

19 ottobre 2009

Giulio Tremonti all'inaugurazione dell'anno accademico del Collegio di Milano (Infophoto)

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VIDEO

Il ministro: "Credo nel posto fisso"

AUDIO

Tremonti contro la precarietà del lavoro

Posto fisso o mobilità? Per il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, intervenuto oggi a un convegno organizzato dalla Bpm, nella nostra società la stabilità del posto di lavoro è un valore da difendere: "Non credo che la mobilità di per sè sia un valore -ha chiarito Tremonti- penso che in strutture sociali come la nostra il posto fisso sia la base su cui organizzare il tuo progetto di vita e la famiglia. La variabilità del posto di lavoro, l'incertezza, la mutabilità - ha aggiunto il ministro - per alcuni sono un valore in sè, per me onestamente no".

Serve più compartecipazione. "Credo che in questo Paese ci sia meno bisogno di cogestione e più bisogno di compartecipazione", ha detto anche Tremonti. "Non credo - ha aggiunto - che in Italia ci sia spazio per replicare tale e quale la modellistica di altri Paesi", mentre è importante un modello che permetta di avere "più informazioni sulla gestione". Nella coppia cogestione-compartecipazione Tremonti vede quindi "più spazio, più logica e più enfasi sulla compartecipazione", che "può avere forme diverse".

La Costituzione è sempre valida, ma non viene ancora applicata pienamente. Sulla Costituzione, Tremonti ha detto che è "ancora molto valida per la parte dei principi" e che un ritorno allo spirito originario può portare "a concrete e non poco remote applicazioni". "Nella nostra Costituzione - ha argomentato il ministro - che considero ancora molto valida per la parte dei principi, c'è il confronto tra le tre diverse culture chiave che animarono lo spirito di quel tempo: quella cattolica, quella comunista e quella liberale". Tremonti ha poi indicato l'articolo sulla "proprietà industriale" come "la sintesi delle tre diverse visioni".

Il ministro ha proseguito spiegando che "a parte alcuni passaggi che possono sembrare un po' ingenui, come quando si parla ancora di carbone, ce n'è uno fondamentale, ossia che la repubblica tutela e regola il risparmio e favorisce l'accesso alla proprietà dell'azionariato popolare dei grandi complessi produttivi del Paese".

L'evoluzione delle cose, secondo Tremonti, ha fatto sì che "la Costituzione non sia stata pienamente applicata" in quanto "c'è stata una rotazione rispetto ai principi formulati allora che ha portato ad un grande favore per i titoli di debito sfavorendo quelli di proprietà". Un fatto che ha portato al "controllo del sistema bancario sulla grande proprietà industriale". Il ministro ha concluso il suo ragionamento affermando che "un ritorno alla Costituzione attraverso queste riflessioni ci può portare a concrete e non poco remote applicazioni".

19 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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